VITA DI SCUOLA, VITA DI COMUNITA'
L'ambiente universitario, diversificato nella sua composizione, non offriva però una qualche omogeneità, dovuta almeno al modo con cui era organizzata la vita dei membri della corporazione? E' esistita una "condizione dell'universitario" nel Duecento?
Il primo fattore di unità e d'integrazione era certo il lavoro stesso. Come le altre corporazioni le università avevano le loro strade e i loro quartieri [...]. In questi quartieri l'attività era continua: i corsi e le dispute si susseguivano quasi initerrottamente dalle 7 alle 19.
Le vacanze, generalmente a settembre, erano molto brevi; i giorni festvi erano invece numerosi, ma gli studenti si riunivano lo stesso per le cerimonie religiose. La scomodità delle aule, il tumulto delle dispute, tutto quello che conosciamo dell'organizzazione materiale dell'insegnamento, rievoca un'atmosfera di intenso lavoro collettivo in cui maestri e studenti sono a stretto contatto. Il maestro medievale era agli antipodi dello studioso puro, del ricercatore solitario. Ancor più la pratica coninua delle esercitazioni scolastiche e il possesso di una cultura omogenea fondata sugli stessi libri favorivano, fra gli studenti vecchi e nuovi, modi di parlare e di pensare caratteristici, di cui lo scolaro limosino di Rebelais fornirà più tardi la caricatura.
(J. Verger, Le università nel medioevo,
Bologna, Il Mulino, 1982, pp. 112-399)
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